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MONETA ORDINARIA Coniata
dalla Zecca di Roma nell’anno 1958.
AUTORI:
Pietro
GIAMPAOLI e Guido VEROI La figura femminile raffigurata sul diritto della
moneta è quella di Letizia Savonitti, moglie dell’autore Pietro Giampaoli. TIRATURA:
Anno 1958
Nr. 24.240.000 in FDC
Negli anni 1962 e 1963 la moneta non fu emessa. Fu
continuata, per quegli anni la
coniazione delle monete del “Primo Centenario dell’Unità d’Italia”,
senza che fosse variato il millesimo, giacchè questo non compariva, ma vi era
solo l’indicazione del Centenario “1861 – 1961”. L’aumento
progressivo subito dal prezzo dell’argento negli anni sessanta, causò la
tesaurizzazione della moneta e, pertanto, fu sospesa la coniazione per la
normale circolazione nell’anno 1967. Nell’anno
1968 la coniazione fu ripresa e la moneta fu inserita nelle serie divisionali
confezionate dalla Zecca per i numismatici. TIRATURA:
Anno 1968
Nr. 100.000 in FDC
La
serie del 1970 comprendeva, oltre le monete nazionali di vecchio conio, anche
una nuova moneta d’argento da 1.000 lire. Questa moneta fu emessa per
commemorare il primo centenario dell’assunzione di Roma quale capitale
d’Italia. Il
numero delle serie prenotate per il 1970 era di 1.140.000, ma il quantitativo fu
ridotto a 1.011.000 perché il Ministero del Tesoro dell’epoca stabilì a
posteriori che il numero massimo di serie che ogni richiedente poteva ottenere
era di mille e pertanto, non furono consegnate quelle eccedenti tale limite. La Società numismatica COCEPA, che aveva prenotato
un numero molto elevato di serie, citò in giudizio il Ministero del Tesoro. La
fabbricazione delle serie, da
allora non fu più autorizzata perché, si sostenne, la Zecca doveva impegnare
tutte le sue energie nella comiazione delle monete per la circolazione normale
di cui già da qualche anno si notava la mancanza. Così , dopo tre anni, si
chiuse un’attività tanto redditizia per le Casse dello Stato. Nell’anno
1980 fu ripresa la coniazione delle serie divisionali confezionate dalla Zecca
per i numismatici. TIRATURA:
Anno 1980
Nr. 252.272
in FDC
Di queste monete esistono degli esemplari in “fior
di conio” con i fondi lucidi, compresi nelle tirature ordinarie, da non
confondersi con le emissioni speciali per numismatici a “fondo specchio”,
aventi tiratura propria. I
fondi lucidi si riscontrano nei primi tondelli utilizzati per la coniazione
dell’emissione. Delle
monete repubblicane in argento, produzione oramai destinata ai soli numismatici,
è l’unica a non aver avuto contenuti e finalità celebrative. Ed è, al tempo
stesso, quella che, in forza di una produzione piuttosta elevata (ammonta a
97.840.000 esemplari, tutti destinati alla circolazione) negli anni sessanta è
frequentemente passata di mano in mano, assolvendo appieno, perciò, alla
funzione di scambio propria di ogni moneta.
Coniata
dalla Zecca di Roma nell’anno 1957. * Nel rovescio, le bandierine dei tre velieri si
presentano rovesciate, cioè controvento. La
scritta “PROVA” è posta in basso, a sinistra. TIRATURA: Nr.
1.070 in FDC AUTORI: Pietro GIAMPAOLI e Guido VEROI
* Per
la descrizione del diritto,
del rovescio ,
del bordo
e
delle caratteristiche tecniche, vedere la stessa moneta della NON FU ERRORE LE BANDIERE SOTTO VENTO DI BOLINA Le monete cosiddette di “PROVA” sono tutte
particolarmente rare. Per la 500 lire del 1957, un’altra rarità è costituita
dal chiacchierato errore commesso durante la fase di fabbricazione: la moneta,
sul verso presenta le bandierine rovesciate, cioè controvento. In
realtà si trattò di errore? Tenterò
di esporre come iniziò e come si sviluppò quella che fu la “storia del
verso” delle 500 lire d’argento che suscitò tante discussioni. Le 500 lire
d’argento del 1957, uscivano per la prima volta nella monetazione italiana, ed
il merito di questa emissione fu dell’allora Ministro del Tesoro Sen. Giuseppe
Medici. Grazie alla sua instancabile tenacia
fu possibile compiere l’iter lungo e complesso che consentì l’uscita
di questo nuovo “taglio monetario”. In
concomitanza a questo avvenimento, volgeva al termine la legislatura italiana,
ed il Ministro ritenne che fosse più gradito e significativo, consegnare a
tutti i parlamentari, al termine del mandato, in luogo della consueta
medaglietta ricordo, la nuova moneta di prova. Qualche
tempo prima che si pensasse alle 500 lire d’argento, un progetto, molto caro
al Monisro Medici, riguardava l’emissione di una moneta d’oro: il cosiddetto
“fiorino” del valore di 10.000 lire. Ma le difficoltà interne ed
internazionali fecero si che il progetto dovesse essere rinviato. L’esecuzione
del progetto della 500 lire d’argento era stato affidata al notissimo
medaglista Pietro Giampaoli, allora incisore capo della Zecca di Stato. Egli
aveva modellato un bellissimo profilo muliebre: il ritratto della propria
consorte, idealizzato in abiti rinascimentali, e, parve al Ministro, essere
felice soluzione, l’adoperare quel modello per le nuove 500 lire in questione,
incornicando l’immagine da un serto costituito dagli stemmi regionali. Questa
moneta, questo profilo dell’Italia rinascimentale, voleva dire agli Italiani,
che l’Italia dopo tutte le sventure della guerra, dopo la ricostruzione, si
avviava verso un nuovo Rinascimento. Il
“rovescio”, quindi, doveva sviluppare un tema che al rinascimento si
ricolegasse e si armonizzasse con l’idea espressa dal diritto della nuova
moneta. Il tempo, tuttavia, stringeva: si era alla fine del 1957 e la consegna
dei pezzi di “prova” ai parlamentari uscenti era un programma altrettanto
interessante ed irrinunciabile. Era anche giusto che la soddisfazione
dell’uscita delle 500 lire, andasse a che l’aveva ideata, sostenuta e
portata faticosamente a compimento. Giampaoli, d’altronte, era già impegnatissimo,
come capo incisore, per il settore tecnico, e forse non avrebbe avuto la
necessaria tranquillità per concentrarsi sul problema artistico del
“rovescio”. Ed è per bruciare i tempi, che l’incarico dello studio del
“rovescio”, fu esteso ad altri medaglisti. Tra questi, il compianto,
allora Direttore della Zecca dott. Pasquale Carbone, invitò Guido Veroi, a
studiare il tema: studio però da svolgersi con la massima urgenza e che doveva
concentrarsi soprattutto sull’idea di questo secondo Rinascimento italiano, più
che sulla modellazione vera e propria. Pochissimo
tempo per pensarci, ma sarebbe più esatto dire: poche ore. Veroi
era abbastanza giovane, a quel tempo, e l’occasione era particolarissima per
una notevole affermazione nel campo della monetazione, qualora avesse centrato
l’argomento. Si gettò a capofitto su questo lavoro. Le prime ore passarono
con un vuoto assoluto di idee, poi, cominciarono ad affollarsi. Fiumi di
concetti, ma nessuno che lo soddisfacesse. Alla fine, uno, gli parve centrare il
tema. L’inizio
del Rinascimento è segnato dal viaggio di Cristoforo Colombo. Le tre caravelle,
quindi, potevano bene esprimere l’idea di questa nuova rinascita italiana. Disegnò
alcuni bozzetti, ricercò affannosamente i profili della Nina, della Santa
Maria, della Pinta, e, nonostante non fosse richiesto, “sbozzò” un modello
in gesso per presentare quell’idea che evrebbe detto molto di più di un
disegno. Modellò il soggetto con un diametro di 110 millimetri e lavorò una
intera notte, per procedere ai vari passaggi dal calco al modello. La
mattina seguente, consegnò al Direttore della Zecca il modello con le
caravelle. L’idea
piacque e fu, quindi, scelto il modello preparato. E, poiché fu considerato
lavorato in maniera sufficientemente accurato, fu messo immediatamente sotto
pantografo. La
moneta di “prova”, recante la data del 1957 potè finalmente uscire; fu
distribuita ai parlamentari, e Veroi apprese la notizia della scelta del suo
modello leggendola sui giornali. Piacque
anche al pubblico. Fu osservata con molto interesse. Il
capitano di Marina, Giusco di Calabria, era il 10 dicembre 1957, elogiando il
lavoro, segnalava che le bandiere erano disposte “controvento”, e chiedeva,
dato che si stava ancora alla fase di “prova”, di mettere le bandiere nella
giusta direzione, ad evitare che una moneta che sarebbe andata nelle mani di
tutti, divulgasse una raffigurazione inesatta. L’articolo,
pubblicato da “Il Tempo” suscitò immediato scalpore. L’argomento attirò
istantaneamente l’attenzione delle Autorità competenti ed esso fu affrontato,
bisogna dirlo, con vera serietà. Prima di tutto si volle stabilire se la
questione sollevata fosse rigorosamante valida e, qualora lo fosse stata, se
fosse convenuto apportare la correzione al conio prima di inziare la monetazione
vera e propria. Le
antiche stampe marinare mostravano le bandiere disposte in tutte le direzioni,
per cui non risultava possibile a persone non specificatamente specializzate, di
risolvere il problema, che fu devoluto, infine, agli specialisti della
navigazione a vela. Nel frattempo, un altro articolo dell’Ing. G.B. di
Torino, segnalava che anche il galeone raffigurato sul pacchetto di sigarette
“Nazionali Esportazioni” aveva le bandiere disegnate controvento. Ma
il 19 dicembre, sempre “Il Tempo” pubblicava un nuovo articolo del
colonnello del Genio Navale, L.T., il quale controbatteva le tesi del precedente
articolista, introducendo il discorso di “vento di bolina”. Diceva, in
sostanza, il colonnello: “si
riesce a navigare anche controvento; e la disposizione delle vele che appaiono
nella moneta, in tutta la loro ampiezza, confermava non trattarsi di errore,
nella direzione delle bandiere, ma di esatta disposizione. Mentre, per vedere le
bandiere spinte in avanti, si sarebbero dovute vedere le vele di profilo,
sottili come spicchi di luna”. E
riprendendo il discorso, l’Ing. Tursini di Roma, faceva presente che,
“navigando con vento di bolina, la bandiera issata sull’albero, pur non
disponendosi proprio nella direzione verso poppa, poteva benissimo essere
considerata corretta, così come era apparsa sulle prime monete di “prova”
che potevano, pertanto, secondo lui, venire coniate nella versione originaria. Non si trattava, quindi, di errore, ma di navigazione con vento di bolina. A questo punto, poiché si è tanto parlato di
“bolina” anche Guido Veroi, con laurea in ingegneria ed una tesi sviluppata
proprio in costruzioni marittime, concorda sul fatto che la disposizione delle
bandiere è assolutamente regolare e, quindi, non fu commesso alcun errore nella
disposizione delle stesse sul rovescio della moneta. D’altra
parte, Cristoforo Colombo, navigatore esperto, poteva benissimo navigare con
vento di bolina, anzi questa particolare disposizione delle navi ne metteva in
evidenza l’esperienza marinara.
Si
meditò su tutti questi punti, ma alla fine, data che non era iniziata la
coniazione vera e propria, fu deciso di capovolgere le bandiere disponendole nel
senso tradizionale, di modo che, il rilevamento della formazione la facesse
navigare di “gran lasco”, e non di “bolina”. Il
modello fu modificato ed i 1070 pezzi distribuiti si tesaurizzarono, e quei
pochi che passarono da un collezionista all’altro raggiunsero i prezzi
astronomici ben noti a tutti. La
moneta riuscì molto gradita per l’ampio respiro con cui i temi furono
trattati, ma alla sua notorietà contribuì, indubbiamente, anche la
appassionante polemica sviluppata in maniera così insolitamente ampia dai
giornali e dai settimanali. Alcuni,
mi si consenta dirlo, intervennero anche a sproposito: uno di essi diceva, per
esempio, che verso l’America si naviga con le prue volte a sinistra, mentre
quelle delle caravelle della moneta le avevano a destra. Alla
fine tutti gli argomenti servirono ad attirare l’attenzione del pubblico sulle
monete che, prima di allora, uscivano quasi alla chetichelle ed inosservate
dalla massa,
pur trattandosi, a volte, di autentici pezzi d’arte e non solo di
metallo di scambio. Anzi, quando, successivamente, uscì l’altra moneta
d’argento da 500 lire celebrativa del “Centenario dell’Unità
d’Italia”, si cercò, anche lì, di trovare l’errore a tutti i costi: la
ruota del carro a quattro anziché a otto raggi. Ed
oggi, bisogna riconoscerlo, l’uscita di una nuova moneta costituisce per il
pubblico e non solo per i numismatici, un fatto di interesse e di animato
dibattito. Questa,
in buona sostanza, la vicenda collegata al pezzo delle “Caravelle”. Ma
quello che mi sembra valga la pena di dire, al di fuori della cronaca spicciola
e delle vicende legate alla sua emissione, è che ben ha meritato il Ministro
Medici con la sua riuscita iniziativa. A
noi, ai Ministri di oggi, continuare a progredire in questo cammino che, pur
trattando l’arte nel suo formato più piccolo, è pur sempre quella forma che
resta più a lungo di ogni altra e che principalmente segna e tramanda le tappe
fondamentali della storia del mondo. Il futuro della moneta può migliorare molto portando il pubblico a conoscere la moneta attraverso le esposizioni, ma, secondo me, soprattutto attraverso le pubblicazioni che le presentino ben riprodotte, come in questi ultimi tempi sta già avvenendo. |